sabato 4 febbraio 2017

Libro del mese Gennaio 2017

La montagna è il luogo fisico ed ideale di questa storia; un romanzo di formazione e di amicizia maschile come non mi capitava di leggerne da un po’ e che, mi ha subito rimandato ad un’altra storia di uomini e natura, l’intenso racconto di Nickolas Butler, Shotgun Lovesongs, pubblicato da Marsilio un paio di anni fa, seppure i due romanzi siano molto diversi fra loro. Sono state alcune atmosfere a farmi pensare ad un qualche tipo di vicinanza tra le due storie, la parola che abilmente evoca luoghi e stati d’animo facendosi lirica, e soprattutto il racconto di quel rapporto che qualche volta si instaura tra uomini, scarno di parole, essenziale, forte, quasi primordiale. Un’amicizia così può nascere solo da ragazzini e se si è fortunati sarà capace di superare la prova del tempo. È quella che lega Pietro e Bruno, un ragazzino di città, solitario e pallido, e un altro costretto a crescere in fretta in un piccolo paesino ai piedi del Monte Rosa dove la vita è scandita dal duro lavoro e dai ritmi dettati dalla natura. Diversi, eppure anime affini che si riconoscono e, senza bisogno di troppe parole, diventeranno amici. Perché le parole non contano, come non conta la distanza che li separa: ogni estate, Pietro lascia la città per fare ritorno insieme alla famiglia tra quelle montagne e, ogni volta, Bruno è lì ad aspettarlo, come se non fosse passato che un giorno. Quello che dalla pagina prende vita è il racconto della prima es-tate di scoperta ed avventure, ma anche di tutte quelle che sono venute dopo. Di due ragazzini che in qualche modo cercano di diventare adulti, sbagliando, cadendo, riprovando; ma anche di due famiglie, diverse ma entrambe imperfette, di padri, soprattutto, fragili o brutali, di distanze e sensi di colpa che all’improvviso pesano come macigni e sembrano impossibili da superare, di donne silenziose e risolute in un mondo di uomini. E la montagna, naturalmente. Quella che aveva fatto innamorare i genitori di Pietro, tanti anni prima, poi abbandonata in fretta per la città; finché una montagna diversa, un paesino minuscolo a qualche ora di viaggio da Milano, rivela a Pietro un mondo completamente nuovo e uno squarcio sul passato dei suoi genitori, che in quella casa in affitto per l’estate riscoprono ritmi e desideri mai davvero dimenticati. A Grana, il paese ai piedi del Monte Rosa, il ragazzino osserva i suoi genitori, uniti eppure così differenti, scopre frammenti della loro storia e, soprattutto, impara ad amare a sua volta la montagna. Le gambe, che giorno dopo giorno scoprono l’andatura giusta, il cuore che trova il proprio ritmo, la fatica, le vesciche, sentieri da seguire ed altri da inventare, il mal di montagna, perfino, con cui imparare a fare i conti. Lì, nella natura, Pietro segue ogni giorno suo padre, da lui apprende i segreti di quella vita e scopre di amarla, struggendosi nei lunghi mesi di lontananza, in città. Di quella vita in città conosciamo poco o nulla, perché quello che conta, davvero, sono i mesi in montagna, dove ritrovare Bruno, le lunghe escursioni, il torrente, l’arrampicata, il ghiacciaio che sembra impossibile conquistare, l’avventura. È, nel racconto di Cognetti, una natura bellissima e crudele, evocata in passi di estrema tensione narrativa, in una storia pervasa di una tragicità che è impossibile ignorare del tutto. Attraverso una lingua essenziale eppure straordinariamente evocativa ed intensa, Cognetti costruisce un romanzo breve che in molti hanno già definito un classico, in cui  si avverte l’eco dei maestri che l’hanno formato, delle innumerevoli letture, dell’esperienza in montagna. Non eroi ideali e nemmeno antieroi affascinanti nella loro negatività: solo uomini, che provano a diventare adulti, solo vite. Racchiuse lì, ai piedi della montagna.

Paolo Cognetti: Le otto montagne ed. Einaudi € 19.50


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